Ho sempre notato una grande curiosità da parte di amici, parenti e conoscenti quando mi chiedono del mio lavoro. "Cosa fai dentro quella stanza? Cosa dici ai pazienti? Che domande
fai?"
E ogni volta sorrido tra me e me, felice di vedere che il mondo della psiche attrae anche i più scettici e titubanti.
Quando un paziente entra per la prima volta nel mio studio le reazioni sono varie. C'è chi, per esempio, va diritto a sedersi alla scrivania e con ansia non vede l'ora di parlarmi del motivo per cui è venuto, chi invece si sofferma al centro della stanza a osservare l'arredamento e a commentarlo (a volte anche criticarlo!) o chi entrando si sente subito a suo agio, si accomoda e dice "Che posto rilassante!".
Poi ci si siede, uno di fronte all'altro, e inizia la seduta, questo momento magico di incontro con sé stessi e con l'altro.
Ogni seduta dura un'ora, le prime vengono solitamente svolte seduti alla scrivania mentre le successive, qualora si intendesse iniziare un percorso individuale, si svolgeranno comodamente
seduti in poltrona.
La persona, la coppia o la famiglia spiega il motivo per cui ha richiesto la consulenza e lo psicologo ascolta con attenzione, senza alcun atteggiamento giudicante e con profonda empatia.
Elemento fondamentale delle sedute è infatti proprio l'ascolto attivo, capace di supportare l'altro, aiutarlo a capire e mettere ordine tra i contenuti che emergono dal suo mondo interno e comunicare indirettamente un messaggio importante: "io ci sono. Ti ascolto e ti accetto così come sei".
Questo tipo di ascolto per moltissime persone è già terapeutico: quante volte appare chiaro quanto bisogno di ascolto ci fosse e quanta difficoltà si incontri nell'ascoltare in primo luogo sé
stessi e poi anche gli altri!
Ed in seduta non si ascoltano solo le parole, si ascoltano anche i silenzi e il corpo. Silenzi pieni, silenzi vuoti, silenzi urlati, silenzi di difesa e chiusura, silenzi di
pace, espressioni del viso, posizione del corpo, postura...Quante cose si riescono a esprimere senza utilizzare le parole!
Così, tra parole, emozioni, silenzi e corpi che parlano, la persona narra la sua storia dalle origini fino al momento attuale individuando i momenti più salienti. Emergono ricordi o collegamenti, delle volte compaiono sogni ricorrenti.
Proprio i sogni risultano essere particolarmente importanti: Freud li definiva la "via regia dell'inconscio" e anche per Jung essi erano espressione dei contenuti inconsci più profondi.
Quando una persona racconta un sogno entra da sveglio in una dimensione altra, illogica, popolata dalle immagini psichiche del proprio mondo interno. A volte non è semplice e spesso mi viene detto che i sogni non vengono ricordati o che non si sogni affatto. Tuttavia, una conseguenza tipica di chi inizia un percorso di sostegno psicologico o psicoterapia è proprio quella di iniziare a ricordare i sogni dopo qualche settimana.
Lungo il percorso di psicoterapia si lavora contemporaneamente sul passato, sul presente e sul futuro della persona, in termini di progettualità ed evoluzione, avviando un percorso verso l'autenticità e l'ascolto di Sé.
Ogni seduta si conclude poi al termine dell'ora e si prende appuntamento per la successiva.
Gli incontri possono essere di cadenza variabile in base alla necessità: due-tre volte la settimana, una volta la settimana, una volta ogni 15 giorni o una volta al mese. Questo verrà deciso di comune accordo dopo i primi 2 o 3 colloqui utili alla comprensione della problematica. E' auspicabile all'inizio che gli incontri siano di almeno 1 a settimana per poter svolgere un buon lavoro.
"Non ha molta importanza cosa avete pensato, creduto, sentito o fatto in precedenza.
Questo è un nuovo giorno."
(Cheri Hubert)
Da oggi tutto può cambiare.