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Emozioni e segreti

Nel corso della mia esperienza professionale ed umana mi sono accorta che è possibile individuare alcune emozioni che talvolta chi ha la sindrome di Klinefelter sperimenta più frequentemente. E' importante sottolineare sempre che non è la regola, che non tutti si rivedranno in ciò che scriverò ma che qualcuno potrà invece trarne sollievo e/o chiarezza.

La prima emozione di cui voglio parlare è la paura,  che si può presentare in riferimento a vari aspetti della vita: paura di non sentirsi accettato e amato o ben voluto, paura di andare incontro a un peggioramento dello stato di salute, paura di non essere "sufficientemente uomo" perché sterile, paura di crescere ed assumersi responsabilità, paura di diventare autonomo, paura di non essere in grado di fare qualcosa o altro ancora. Chiaramente non tutti vivono queste paure né lo fanno con la stessa intensità, tuttavia qualora fossero così forti da ostacolare la quotidianità ed il processo di crescita sarebbe opportuno trovare il giusto luogo e tempo per potersi confrontare con esse, eventualmente anche con l'aiuto di uno psicologo che può fornire un punto di vista diverso grazie alla sua conoscenza delle dinamiche del mondo interiore. Le paure, infatti, non corrispondono sempre a rischi reali e risulta importante differenziare quelle "giustificate" e utili da quelle che invece generano solo impedimenti senza una reale causa.

Un'altra emozione di cui ho sentito parlare spesso è la vergogna. La vergogna può essere definita una forma di turbamento causato dalla paura del giudizio altrui: essa esiste solo quando siamo in presenza degli altri (quando si è da soli non c'è nessuna vergogna nel mettersi le dita nel naso, per esempio). La persona può vergognarsi del suo aspetto fisico (se presente ginecomastia la persona potrà sentirsi a disagio in spiaggia, per esempio) oppure di compiere azioni in cui si sente oggetto di una valutazione altrui, come parlare di fronte ad un pubblico più o meno ampio oppure svolgere attività sportive di fronte ad altri. La vergogna è comunque legata allo sguardo altrui ed alla paura di dare un'immagine di sé negativa, variando di intensità in corrispondenza al tipo di immagine che in primo luogo l'individuo ha di sé stesso: quanto più si è autocritici e svilenti tanto più la vergogna sarà intensa di fronte agli altri, fino a diventare pietrificante e non permettere alla vita il normale fluire. In questo caso anche di questa emozione, ovviamente, si può e si deve parlare ad uno psicologo per elaborarla ed affrontarla. 

Dai racconti di vita che ho ascoltato emerge talvolta anche la tristezza. Essa può essere correlata all'accettazione di alcuni limiti personali come ad esempio la consapevolezza di non poter avere figli biologici. Il dolore della perdita di un figlio biologico mai avuto e che mai purtroppo arriverà non è affatto da sottovalutare in quanto genera un vissuto di lutto pari alla morte di un figlio reale: ciò che si perde è una parte di sè, delle proprie aspettative, speranze, bisogni e desideri. Elaborare la tristezza è fondamentale per poter andare avanti ed aprire gli orizzonti a nuove prospettive: esistono infatti meravigliose famiglie composte da persone biologicamente "slegate" tra loro ma in cui il clima d'amore e accoglienza è tangibile e pregnante. Invece di continuare a chiedersi "Perchè non posso avere un figlio?", una volta approfondita adeguatamente la questione la riflessione successiva potrebbe essere: "Posso essere un buon padre al di là della mia capacità biologica di procreare."

Con i bambini con la sindrome di Klinefelter si possono utilizzare  ad esempio alcuni libri interessanti propedeutici che in realtà sono utili a tutti i bambini ma anche adulti, data l'ampia varietà di famiglie esistenti:  1. "Tante famiglie. Come sono, quante sono" (Harris e Wescott), 2. "Tante famiglie tutte speciali" (Fuller), 3. "Il grande grosso libro delle famiglie (Hoffmann). Se il bambino impara che esistono tantissimi tipi di famiglie e che nessuna ha qualcosa in meno rispetto all'altra, la consapevolezza della propria sterilità (che potrà essere acquisita un po' più avanti nel tempo) sarà molto meno traumatica. Inoltre, si può essere "padri"  anche in altri modi, in qualità di pro-creatori di un proprio progetto personale che sia un libro, un' associazione o qualsiasi altra cosa generata dalle proprie idee, dal proprio impegno, dal proprio amore.

A volte mi è stato raccontato anche di un senso di solitudine che tuttavia trova sempre grande sollievo dalla conoscenza di altre persone con la stessa condizione cromosomica (soprattutto grazie alle Associazioni che hanno un ruolo importantissimo) con cui potersi confrontare e da cui sentirsi capiti nel profondo.  Quando viene ricevuta la diagnosi, infatti, alcuni si possono sentire pervasi da un senso di estraneità ed alienazione da tutti gli altri, a maggior ragione per il fatto che poco, pochissimo, si sente parlare della sindrome di Klinefelter, come se non esistesse nessun altro nella stessa situazione. In realtà non è affatto così e lo sappiamo bene, migliaia di persone condividono la stessa realtà tanto che dal 2017 si è verificato il passaggio della sindrome di Klinefelter dalla categoria "malattie rare" a quella "malattie croniche" al pari di diabete e molte altre.

Infine, ma non meno importanti, gioia, sorpresagratitudine ed entusiasmo sono altre emozioni che mi sono state raccontate e che possono essere altrettanto sperimentate (insieme chiaramente a molte altre) soprattutto da chi, dopo un più o meno lungo e travagliato percorso, ha scelto di amarsi nella sua unicità. Se c'è un segreto della felicità, infatti, è proprio questo: essere nel mondo chi si è, senza voler necessariamente sembrare qualcun altro.