La sindrome di Klinefelter può influenzare il rapporto con gli altri, a partire dal nucleo familiare. Questo ovviamente non è sempre valido, alcune volte però si.
In realtà non è la sindrome in sé a influenzare il rapporto con la famiglia, gli amici e gli amori quanto piuttosto il proprio modo di vivere questa condizione cromosomica: esistono persone che si sentono fortemente bloccate nel relazionarsi coi genitori o nell'intraprendere amicizie o relazioni sentimentali mentre altre non hanno alcun timore a riguardo. E' infatti il vissuto che accompagna l'individuo a essere la causa di una chiusura relazionale e non la sindrome che tutto sommato in questo caso, poverina, non ha nessuna colpa.
"Se non avessi la sindrome non mi sentirei diverso dagli altri!", potrebbe dire qualcuno. Verissimo. Ma questo discorso lo potremmo potenzialmente fare anche cambiandone la causa: "se non avessi i miei capelli rossi/ la mia pelle scura/ le mie mani grandi non mi sentirei così diverso dagli altri!"
Cosa cambia? Nulla, l'effetto psicologico è lo stesso. Forse però, quando ci si sente fragili o in difficoltà, può accedere che sembri più semplice "dare la colpa" alla sindrome invece di impegnarsi in un processo di accettazione di sè, con i propri pregi ma anche i propri difetti, le proprie risorse ed i propri limiti che ci rendono tutti unici ed irripetibili, a dispetto dell'omologazione e delle aspettative della società.
E' evidente infatti che chi prova piano piano ad accettarsi semplicemente per quello che è, e non per come gli stereotipi della società vorrebbe che fosse, vive certamente più sereno.
E se è vero che nel corso dell'infanzia e dell'adolescenza le difficoltà scolastiche, motorie, l'introversione o altre dinamiche correlate alla sindrome possono, in alcuni casi, far sviluppare una bassa autostima che influenzerà i rapporti futuri con gli altri, è sempre possibile iniziare a credere in sé stessi in qualunque momento della vita intraprendendo un percorso di conoscenza di sé e sostegno psicologico.
